Quell'immagine lì, pieno di fango e colmo di gioia, è Sonny Colbrelli che traccia un solco strepitoso nella storia. L'italiano ha appena vinto la Parigi-Roubaix, e per raccontarne l'epica non basterebbe forse un libro.
A partire dal finale e quindi dallo sprint a tre con Vermeersch e Van der Poel, continuando con la pioggia battente e quella ruota bucata, poi la caduta, di un Gianni Moscon che avrebbe meritato certamente altra sorte. Comunque, un italiano non vinceva questa classica dal 1999. Da Tati.
Anche quella serve: è inevitabile. Ma il colpo di frusta del destino non racconta meno del bresciano, che ha pianto a singhiozzo dopo la vittoria perché ogni mattoncino sul muro della gara è finito al posto giusto. Pedalata dopo pedalata, un po' com'era successo a Imola, quando Sonny aveva vinto il campionato italiano.
Come Vermeersch e Van der Poel, Colbrelli era davanti a una prima volta meravigliosa: nella regina delle classiche non aveva mai corso. E di certo non si aspettava pioggia che si faceva presto fango, anche perché non accadeva da 19 anni.
In un'altra prima volta - mai si era disputata a ottobre, la Roubaix si è confermata una corsa impregnata di storia e con un futuro ancora molto vispo. Basterebbe guardare le condizioni, le uscite di scena impreviste e improvvise (Sagan su tutti) e la gara proprio di Colbrelli. Tra i primi dall'inizio e primo all afine.