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83 volte Mazzola: "Inter anima mia. Sogno ancora mio papà. E quando parlai della Juve alla mamma..."

Gazzetta

Soltanto oggi sarà festa in famiglia, con figli e nipoti, più un “8” e un “3” alti come torri sulla torta preferita. Gli auguri, però, sono piovuti ieri, nel giorno giusto e da tutto il mondo, come da sempre accade per un campione senza tempo e senza confini. Alessandro Mazzola detto Sandro, anzi semplicemente Sandrìn dalla Milano bauscia che lo coccola ancora, ha compiuto 83 anni l’8 novembre, ieri. Oggi, invece, dopo il brindisi e un po’ di riposo, guarderà in serata la squadra dell’anima: "L’Inter sarà sempre questo per me, un pezzo di cuore grande così. Lo era da giovane e lo è adesso che sono diventato, diciamo, adulto...", scherza al telefono. I nerazzurri gli hanno dedicato un tweet dall’account ufficiale per omaggiarlo, cosa ovviamente assai gradita, ma a casa Mazzola contano i più i tre punti di stasera contro la Lazio e la rincorsa in classifica. Per questo, Sandro ha un messaggio da spedire direttamente a Cristian Chivu: "L’unica cosa che posso dirgli è di non accontentarsi mai e chiedere sempre di più, a se stesso e ai suoi giocatori: lui è un ragazzo serio, preparato e umile, mi piaceva tanto anche come giocatore e sono sicuro farà una grande carriera anche da allenatore. Intanto, inizi col riportare il tricolore qua a Milano: quando lo metti al petto ti senti molto... elegante". Nel dettaglio, lui ne ha appuntati quattro in 17 anni di onorato servizio nerazzurro, a cui si aggiungono pure un paio di vecchie Coppe dei Campioni: "L’ultima Champions è finita malissimo, lo so, ma in questa la partenza è buona: se sei all’Inter, bisogna crederci sempre". E da lì la benedizione, al suo erede con la fascia: "Spero che Lautaro possa un giorno alzare questo benedetto trofeo che ti cambia la carriera: è un capitano vero come lo ero io, sa parlare e farsi amare dai compagni nel momento giusto ed è questo che fa la differenza".

Risate sul Mago ("Herrera chi? Mai sentito..."), carezze perfino a Gianni Rivera ("Ci misero uno contro l’altro, ma era semplicemente uno che cercava di giocare meglio dell’altro") e confessioni intime su ciò che poteva essere e non è stato. Un giorno, tornando a casa, la madre gli chiese: "Come mai non mangi?". In quel momento confessò che gli era arrivata un’offertona della Juventus: "Sia mai! Tuo padre si rivolterebbe nella tomba", tuonò Emy. L’Avvocato Agnelli ci avrebbe riprovato quando Sandro era ormai dirigente, ma anche in quel caso gentilmente declinò: questi 83 anni, in fondo, sono stati un atto di devozione all’Inter. C’è un filo che attraversa il tempo e ricongiunge passato e presente: parte da Benito “Veleno” Lorenzi, un tempo compagno di Valentino, che lo battezzò nel nerazzurro da ragazzo, fino a Chivu e Lautaro. Eppure, Sandrìn è sempre rimasto lo stesso: "Chi sono? - si chiede adesso - Sono uno che ha vinto tutto e a cui la gente vuole ancora bene: significa che non ho buttato via la carriera". L’emozione sta sempre lì, in quell’affare rotondo: "Il balòn, il balòn, il bàlon...", ripete. A 83 anni come a 6, è sempre il pallone il regalo più bello. Lo sanno bene anche i nipoti oggi tutti riuniti come nelle occasioni speciali: Alessandro, Paolo, Gaia, Alice, Rebecca, Andrea e Valentino. Sì, certi nomi nella famiglia Mazzola tornano sempre.

C’è davvero tutto dentro al racconto di Mazzola: è una spremuta di vita, un album privato di famiglia che appartiene alla storia di tutto il Paese. Compare papà Valentino, eroe degli Invicibili, che torna ogni notte a bussare. Si intravede il profilo della collina di Superga e lo schianto dell’aereo del Grande Torino, che lo rese orfano a 6 anni e mezzo. Si avverte ancora quanto sia pesato quel cognome tanto nobile sulle spalle, specie in gioventù. Mazzola ha raccontato della vecchia paura di calciare i rigore, che sparì quando all’oratorio arrivò la madre a sostenerlo. Altri dettagli sulla gloria da calciatore professionista, all’Inter e in Nazionale, in una carriera sempre vissuta nell’immancabile confronto col padre. "Mi capita di sognare Valentino, papà, ancora oggi... – racconta Sandro –. Quando mi hanno chiamato 'campione' per la prima volta, non ci credevo davvero. Anzi, ho guardato in cielo e ho pensato a lui, che era molto, molto più bravo di me. Per provare a paragonarmi a mio padre, ho dovuto lavorare sempre di più".

Nell’occasione di questo compleanno hanno pensato a lui anche in Federazione e Vivo Azzurro Tv, la televisione ufficiale della Figc, ha rilasciato un contenuto speciale su Mazzola firmato dalla giornalista Donatella Scarnati e girato direttamente dal salotto di casa: mentre il neo83enne riannodava i ricordi di un’intera esistenza, sedeva accanto a lui il figlio, Sandro junior (in questo caso non un diminutivo: all’anagrafe, non è stato registrato come Alessandro). Quando è nato, giusto prima della finale dell’Europeo 1968, Sandro senior disubbidì a Valcareggi, lasciò il ritiro senza autorizzazione e si catapultò fino a Milano per accertarsi che quel batuffolo fosse davvero un maschietto. Per punizione, il ct lo punì nella prima sfida contro la Jugoslavia, per poi farlo tornare titolare nell’indimenticata partita di ripetizione: la Coppa alzata al cielo di Roma da Giacinto Facchetti, fratello di sangue, cancellò ogni polemica.