Giorgio Armani ha vestito il calcio moderno e lo veste ancora. No, non un una squadra o una nazionale, ma l’idea. Lo stilista ha conquistato il mondo con la giacca destrutturata, che liberava il corpo dalle spalline rigide e lo avvolgeva con tessuti morbidi, a metà degli anni Settanta, proprio mentre l’Olanda di Cruijff destrutturava il calcio e toglieva gli spilloni dei ruoli fissi, liberando le funzioni a tutto campo. Il genio visionario è questo: respirare lo spirito dei tempi e anticipare quelli che verranno. Il mondo stava per essere destrutturato dalla rivoluzione digitale che avrebbe tolto gli spilloni al lavoro d’ufficio. Professionisti mobili, come Suurbier e Krol, terzini arancioni. Il calcio non è più tornato indietro. Declinato da Sacchi o Guardiola, è rimasto morbido, informe, come una giacca Armani. Terzini che si accentrano, braccetti che avanzano…
Oggi si dice “liquido”. Se non vanti un gioco liquido, non sei nessuno. È una ricerca che avrebbe appassionato gli alchimisti medievali: squadra “solida” e gioco “liquido”. Era liquida la giacca Armani che vestiva Luciano Spalletti a Euro 2024: un po’ giacca, un po’ tuta, un po’ vestaglia da camera. A posteriori, l’enorme scritta ITALIA sulla schiena è diventata metaforica: un peso esagerato, una croce, sulle spalle, già un po’ curve, di un ottimo allenatore, ma ancora gracile come c.t. Molte le ironie social su quella giacca. Ma un genio non asseconda il gusto, lo impone. Quel capo era elegante, se, come insegnava Re Giorgio: "L’eleganza non è farsi notare, ma farsi ricordare". Non dimenticheremo Spallettone in vestaglia.