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Luca Antonini: "Lo creo io il nuovo Messi. Tra 10 anni nascerà un fenomeno a Dubai o in Arabia Saudita"

Gazzetta

Yamal, Cubarsí, Guler, Estevao, Doué: i giovani più forti della Terra sono tutti figli dell’emisfero occidentale. Okay, ma dall’altra parte cosa succede? Tradotto: nascerà mai un crack mondiale a Dubai oppure in Arabia? “È possibile, ma a certe condizioni. Serve un ambiente competitivo, bisogna allenarsi coi migliori. Poi una cultura calcistica europea: vivere il calcio a 360°, andare allo stadio... Così, magari, tra una decina d’anni potrà uscire un nuovo Messi”. Testo e musica di Luca Antonini, 43 anni, ex terzino a piede invertito. “Non ero un fuoriclasse, mi sono costruito col tempo”. Risultato: 191 presenze in A, lo scudetto col Milan, un gol pesantuccio alla Juve. “Avevo davanti Cannavaro e Buffon, San Siro era pieno. Indimenticabile”. Dopo il ritiro, nell’ordine: procuratore, allenatore all’Al-Nassr (quella di CR7), direttore tecnico del vivaio allo United FC (quello di Pirlo). Dall’Italia a Dubai via Arabia Saudita... 

Con una missione. 

“Forse è una mia presunzione, però credo di poter cambiare il calcio qui a Dubai: creare giocatori, migliorarli...”. 

Oltre l’ambiente e la cultura, cosa manca ancora? 

“La pressione sui ragazzi, e parlo di quella positiva. In Europa si sa: se sei forte arrivi, se non lo sei invece no. A Dubai manca questo brio per tirare fuori il meglio dai più giovani”. 

Un’altra condizione necessaria? 

“Coincide con un primo passo in avanti che è appena stato fatto. Prima, nei settori giovanili, c’era l’obbligo di avere in rosa un tot di giocatori ‘local’, cioè nati e cresciuti a Dubai. Ora non è più così: puoi tesserare anche un inglese, un francese, un tedesco... E questo è decisivo, anche solo per la mentalità europea che si portano dietro”. 

È tanto diversa dalla loro? 

“Lo è anche solo per il fatto che gli europei guardano le partite in tv. Spesso arrivo al campo e chiedo ai miei ragazzi: ‘Allora, avete visto che spettacolo ieri sera?’, parlando magari di qualche gara di Champions. E loro mi rispondono: ‘Quale partita?’”. 

Com’è organizzato il calcio giovanile a Dubai? 

“Io sono direttore tecnico dello United FC, e ho avuto il compito di creare da zero il settore giovanile. Il nostro è un passo indietro rispetto a quelli di Al-Nasr, Al-Ahli e Al-Wasl, che sono le squadre più forti della Pro League. La fetta più grossa, però, gioca nelle academy commerciali, cioè squadre in cui le famiglie pagano, non c’è selezione e i ragazzi si divertono. Solo a Dubai ce ne sono a centinaia: Barcellona, Real Madrid, Psg, Ajax, Milan, Juventus. Per loro il calcio è passatempo, nulla più”. 

Com’è il livello? 

“È la conseguenza di quello che ho appena detto. Il vivaio del mio United FC è paragonabile a uno di Serie D in Italia, le big sono invece al livello di una squadra di B. In percentuale, però, sono più i ragazzi che giocano nelle academy commerciali e lì è ancora più basso. Il segreto, come sempre, è avere allenatori preparati; magari ci sono anche, ma gli impongono di farli divertire, mandarli a casa con il sorriso. Quindi fargli fare lavori sulla tecnica è impensabile perché lo considerano noioso: senza questo non si migliora”. 

I genitori? 

“Hai presente quello che si dice in Italia? Qui è uguale. Pensano di avere i nuovi Messi o CR7, poi andiamo a giocare contro l’Al-Ahli, ne prendiamo tre e capiscono che non hanno in casa un fenomeno. E c’è di più. Al secondo allenamento mi sono ritrovato un papà appoggiato sul palo della porta. Lì mi si è acceso un campanello d’allarme: dovevo fare qualcosa. Ho infatti organizzato una call con tutti i genitori, spiegando perché non li voglio al campo. Alcuni hanno ‘protestato’, ma alla fine si sono fidati”. 

Le strutture come sono? 

“Cito un vecchio modo di dire: ‘chi ha i denti non ha il pane’. Qui ci sono centri pazzeschi, tipo quello della mia società: abbiamo uno stadio, due campi in erba, due sintetici, uno al chiuso con aria condizionata. E si possono praticare anche altri sport: tennis, padel, rugby, atletica... In Italia si può solo sognare”. 

Che rapporto ha con Pirlo, allenatore della prima squadra dello United FC? 

“Siamo vicini di ufficio, capita di trovarci durante la pausa caffè e condividere idee, opinioni. Ci ho giocato 4 anni al Milan, avevamo iniziato a frequentarci già in quel periodo vivendo nello stesso condominio dietro San Siro”. 

Come giudica la scelta di allenare a Dubai? 

“Non so esattamente da cosa sia dipesa, credo per la famiglia. Con due figli piccoli, Dubai offre una qualità della vita molto diversa rispetto all’Italia: strutture eccellenti, scuole di alto livello, un ambiente internazionale. E poi c’è l’aspetto professionale: venire in un Paese che pochi prendono in considerazione è un gesto di coraggio e una sfida personale. Per uno con la storia di Andrea, è una scelta che merita rispetto”. 

Parliamo dell’Arabia, dove ha allenato l’Under 17 dell’Al-Nassr: differenze con Dubai? 

“Lì vedi ragazzi nei campetti di periferia, e quando finiscono gli allenamenti si ritrovano a giocare. C’è una cultura differente, per questo sono molto più avanti e nei prossimi anni, forse anche prima, qualche talento verrà fuori”. 

Che cosa gli manca per raggiungere il top? 

“Il tempo. Se continueranno a lavorare bene sul settore giovanile, puntando su allenatori che vengono dall’Europa, faranno un bel salto in avanti”. 

All’Al-Nassr gioca anche il figlio di CR7: può seguire le orme del papà? 

“Lo vedevo tutti i giorni. È un ottimo giocatore, ha un fisico straordinario e questo non mi sorprende, considerando il suo dna. Dal papà ha preso anche il tiro: calcia come lui. In più vede la porta, dettaglio non banale. Ma la cosa che più mi ha colpito è l’umiltà: parliamo di un ragazzo serio, professionale, rispettoso”. 

Tre talenti del calcio mondiale? 

“È scontato, ma come posso non dire Yamal? In questo momento è il migliore. Poi metto Bellingham, un po’ più grande ma ragazzi, ricordiamoci che ha ancora 22 anni. Ha fisicità, qualità tecnica, personalità. A differenza di Yamal si è costruito nel tempo. Come terzo dico uno che mi fa impazzire: Arda Guler, un talento incredibile. Ora si sta imponendo al Real Madrid”. 

Tre talenti italiani? 

“Mi piace tanto Pisilli, ha grandi qualità tecniche e fa la differenza anche con l’U21: bisogna dargli fiducia, può essere il futuro della Nazionale. Un altro è Faticanti, ha delle letture già da adulto. Infine Calafiori, si è già imposto in Premier ma ha ancora ampi margini di miglioramento”.