Sergio Pirozzi ha chiuso in un cassetto la felpa di Amatrice e la fascia tricolore. Nella sua vita è tornato a esserci soltanto il calcio: “Ora indosso la divisa della Lucchese. Ho ripreso ad allenare in Eccellenza dopo l’esperienza con la Lazio Primavera. Con la politica ho chiuso. A 60 anni voglio dedicarmi allo sport e ai giovani”. Era il sindaco della piccola città in provincia di Rieti colpita dallo spaventoso terremoto del 24 agosto 2016: “Ho perso 239 amici in pochi secondi. Il disastro mi ha traumatizzato, i ricordi di quella notte sono offuscati. Tutto il centro è stato raso al suolo, non c’era più nulla. Solo polvere e macerie. D’istinto ho iniziato a scavare a mani nude, ma dovevo coordinare i soccorsi. La mia gente aveva bisogno d’aiuto”. I funerali, la difficile missione ricostruzione, il processo per omicidio colposo concluso con l’assoluzione in formula piena: “Una battaglia giudiziaria durata oltre cinque anni. Per lo stress ho sofferto di un morbo che mi ha quasi fatto perdere l’udito. Terminato il mandato da sindaco ho scelto di ricominciare dal pallone”.
Cosa hanno in comune calcio e politica?
“Due mondi in cui è difficile emergere, soprattutto se parti da un piccolo paesino di 2mila abitanti come Amatrice. Per me fare politica significava mettersi al servizio della comunità. Difendere i propri concittadini, come fa un allenatore con la sua squadra”.
In che anno è diventato sindaco?
“Nel 2009, la mia carriera in panchina invece è iniziata molto prima. Da giovane mi dividevo tra calcio e tennis, poi ho scelto di allenare. Con l’Ascoli Primavera nel 2007 ho sfidato l’Inter di Balotelli e Santon. L’indennità politica era di 660 euro, ho sempre arrotondato con il lavoro da allenatore”.
La sua vita è cambiata per sempre il 24 agosto 2016.
“La prima scossa di magnitudo 6,0 è arrivata alle 3.36. Ho subito controllato se la mia famiglia fosse ancora con me. Sono corso in centro: ho visto i palazzi distrutti, le persone ferite. Ricordo una signora che sanguinava, era scappata sul balcone del suo appartamento. Le dissi che avremmo preso una scala per salvarla. Alla seconda scossa è crollato tutto. È stata l’ultima volta che l’ho vista”.
Com’è andata quella notte?
“Qualcuno dice che ho iniziato a scavare a mani nude, non lo ricordo. La rielaborazione del lutto mi ha lasciato poca traccia di quei momenti. Ho telefonato subito ai rappresentanti comunali delle 67 frazioni di Amatrice, dovevo sapere dove c’era più bisogno che atterrassero gli elicotteri. C’erano perdite di gas ovunque”.
Il momento più complicato?
“Ascoltare le urla delle persone ferite sotto le macerie. Ancora oggi, nove anni dopo, mi tornano in mente ogni notte. Dopo la seconda scossa delle 4.30 c’è stato il silenzio”.
Ai funerali di Stato c’erano tutte le alte cariche dello Stato: da Matteo Renzi, in quel periodo presidente del Consiglio, al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
“Ad Amatrice c’erano un via vai di politici e non solo. Arrivò anche l'allora Principe Carlo. Insieme visitammo la sede della radio da cui trasmettevo ogni sera alle ore 20 per dare gli aggiornamenti alla popolazione. Ebbe il tempo di assaggiare anche gli spaghetti all’amatriciana. Donò 7 milioni di euro per la ricostruzione del liceo scientifico sportivo della città”.
Non fu l’unico a partecipare alla causa.
“L’ex Cancelliera Angela Merkel volle vedermi a Berlino. Il governo tedesco offrì un contributo di oltre 6 milioni per i lavori di ristrutturazione dell’ospedale”.
Ad Amatrice arrivò anche Papa Francesco.
“L’ho abbracciato. Gli dissi di dare un messaggio di speranza ai giovani. Lui rispose: ‘Lo farò’. Entrò nel centro storico distrutto, passeggiò tra le macerie. Io non riuscivo, era troppo doloroso”.
Per il crollo di una palazzina che causò la morte di sette persone è stato indagato per omicidio colposo.
“Una battaglia giudiziaria durata cinque anni e mezzo. Alla fine il pubblico ministero ha chiesto l’assoluzione, ma ho vissuto un periodo buio”.
Cosa l’ha aiutata a ripartire?
“L’amore per il calcio, non l’ho mai abbandonato. Nel 2017 ero al Trastevere. Poi tante esperienze tra i dilettanti. La Lucchese, dopo la salvezza conquistata ai playout in C, quest’estate ha affrontato l’ennesimo fallimento. La nuova proprietà ha un progetto solido. Siamo in lotta per la vetta in Eccellenza”.
Che allenatore è mister Pirozzi?
“Uno che vive il campo dalle 9 alle 19.30. Preparo gli allenamenti, le sedute video, quelle tattiche. Tutte le sere, prima di tornare a casa, passeggio da solo per il centro di Lucca. Ne assaporo la storia, i profumi”.
Torna spesso ad Amatrice?
“Ogni volta che posso, la mia famiglia vive in città. Di recente ho incontrato i ragazzi del liceo scientifico sportivo internazionale, interamente ricostruito dopo il terremoto. Abbiamo parlato di come reagire alle difficoltà, dell’importanza di credere nei propri sogni. Ad Amatrice ho vissuto due vite, la prima è finita alle 3.36 di quel maledetto 24 agosto 2016”.
Uno sportivo che le è stato vicino?
“Roby Baggio. Si presentò in silenzio, senza avvisare nessuno. Nel giorno del suo 50° compleanno, il 18 febbraio 2017. Voleva osservare con i suoi occhi ciò che era successo”.