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MotoGP, il mondo di Acosta: "Mai arrendermi, come mio padre pescatore. Il 2026? Ho un desiderio"

Gazzetta

Pedro Acosta non passa mai inosservato, specialmente in pista. La guida dello spagnolo è tanto spettacolare quanto impetuosa, un po’ come il mare nelle giornate ventose. Uno scenario familiare al pilota di Mazarron, località murciana sulla costa in cui è nato il 25 maggio 2004. Pedro ha un approccio spigliato, anche se non è troppo loquace. A volte dà l’impressione di soppesare le parole con grande cura. Preferisce far parlare il cronometro. Vincitore di due titoli equamente divisi tra Moto3 e Moto2, lo spagnolo sta diventando sempre più protagonista in MotoGP. Lo dimostra il quarto posto del 2025 con la Ktm dopo un’ottima seconda parte di Mondiale. Manca solo la prima vittoria nella massima categoria: uno stimolo in vista del 2026. 

Quarto a Valencia e quarto nel Mondiale: Pedro, come giudica il suo 2025? 

“Sicuramente sarebbe potuto andare meglio. Abbiamo faticato tantissimo a inizio anno, soffrendo per migliorare la nostra classifica. Nella seconda metà di stagione, però, c’è stato un miglioramento. Siamo arrivati vicino al podio del Mondiale. Anche se non possiamo ritenerci pienamente contenti, siamo soddisfatti per il lavoro svolto”. 

Ha trovato grandi cambiamenti nel passaggio al team factory Ktm? 

“Non ho cambiato granché. Già l’anno scorso avevo a disposizione lo stesso materiale della squadra factory. Abbiamo lavorato sulla mia mentalità durante la stagione per migliorare nei momenti difficili. Avevo bisogno di fare un passo avanti e penso che ci siamo riusciti”. 

A proposito di supporto, parliamo della sua famiglia. Suo padre esercita la professione di pescatore. Le ha trasmesso qualche insegnamento con il suo lavoro? 

“Sicuramente. Ho imparato la mentalità del ‘never give up’, ovvero mai arrendersi. È la cosa più importante. In quel lavoro, se non si prende il pesce, a casa non si mangia. Il suo esempio mi ha aiutato nei momenti più difficili”. 

A casa si parla spesso di moto e del suo lavoro? 

“Per certi aspetti è molto stressante il mondo delle corse. Preferiamo concentrarci su altri argomenti. Alla fine siamo una famiglia normale, non importa se sono un pilota del Mondiale”. 

Una famiglia normale, ma molto vicina durante la sua crescita. 

“I miei genitori sono gli unici che non hanno mai smesso di credere in me. Questa è la cosa più bella. Non è facile se la famiglia non dà un aiuto. Sotto questo aspetto penso di essere molto fortunato”. 

Ha raccontato di essere poco legato ai social. Come mai? 

“Non mi piace passare tempo al telefono. Ho chi si occupa di quello per conto mio. E poi preferisco avere una certa riservatezza”. 

Molti la considerano una persona senza filtri, viste le espressioni colorite dopo la gara. E poi, a inizio anno, sono arrivate alcune critiche sui social per la sua battuta “Marquez chi?” durante un programma televisivo. A volte non si sente incompreso? 

“La vita è così, anche se si è piloti. Non è facile piacere a tutti. Quella battuta su Marquez era uno scherzo, ma non è stata capita. A volte è più semplice fare un errore. Comunque la vita è troppo breve per renderla complicata. Meglio essere diretti, così è tutto più semplice”. 

Ha sorpreso tutti con due titoli in tre stagioni nelle classi minori: campione in Moto3 all’esordio nel 2021, re Moto2 due anni dopo. C’è un ricordo a cui lei è particolarmente legato? 

“La prima vittoria in Moto3 è stato il momento più intenso. Avevo vissuto una fase in cui non ero certo di avere una squadra, né di partecipare al Mondiale. Poi sono arrivate Red Bull e Ktm. Loro mi hanno dato tutti i mezzi necessari. È stata una grande soddisfazione”. 

È stato quello il momento in cui ha pensato di essere finalmente diventato un pilota di alto livello? 

“Dopo aver vinto la prima gara in Moto2, durante una stagione davvero difficile, ho pensato di essere andato oltre le mie aspettative. Lì ho capito che avevamo fatto un grande passo in avanti”. 

C’è un collega da cui ha appreso tanto? 

“Ho imparato molte cose dai ragazzi della Ktm perché sono legato a loro dal primo anno in Moto3. Brad (Binder, ndr.) mi ha insegnato tanto l’anno scorso perché era più veloce di me. Questo ha contribuito a rendermi il pilota che sono ora”. 

Secondo lei tra piloti si può essere amici in MotoGP o prevale una sana rivalità? 

“Non si può essere amico di qualcuno che punta allo stesso obiettivo. È normale, lo impone la competizione”. 

C’è qualche pregio di un altro pilota che vorrebbe con sé? 

“Prendo spunto da Daniel Pedrosa. Ha molta esperienza. È uno degli ultimi piloti ad aver guidato i due tempi. Quindi penso che mi consenta di vedere le gare in modo diverso. Parliamo spesso”. 

Le faccio un’ultima domanda. In Spagna è tradizione scrivere una lettera dei desideri rivolta ai Re Magi. Anche se è ancora un momento lontano, cosa chiederebbe Pedro Acosta per il 2026? 

“Una moto più veloce”.