Tre domande a tre giornalisti di GOAL sulla Nazionale dopo il pesante ko contro la Norvegia: l'analisi sulla reale dimensione dell'Italia e su cosa abbiamo bisogno per non mancare l'ennesimo appuntamento Mondiale.
Tre domande a tre giornalisti di GOAL sulla decima giornata di Serie A: le risposte di Alessandro De Felice, Stefano Silvestri e Marco Trombetta nel nostro 3X3.
Alessandro De Felice - La Nazionale di oggi non rispecchia più lo status e l’etichetta di selezione tra le top al mondo, guadagnata nel corso dei decenni con i 4 Mondiali in bacheca e una serie di risultati positivi. La bacheca, appunto, che racconta di una storia gloriosa, fatta di trionfi alternati a qualche momento buio. Ma pochi, pochissimi, come quello che sta affrontando ora l’Italia calcistica. Perché è sempre il campo - giudice supremo - a parlare e oggi ci dice che l’Italia rischia seriamente di non partecipare per la terza volta di fila alla fase finale della Coppa del Mondo, appuntamento chiave e attesissimo del calcio mondiale.
Se non è già un fallimento questo… La realtà racconta di un periodo di buio quasi totale in cui ad Europeo vinto nel 2021 si contrappongono due eliminazioni ai gironi e due mancate partecipazioni ai Mondiali nelle ultime 4 edizioni, con il rischio serissimo di non partecipare anche a quella del prossimo anno, oltre all’ottavo di finale raggiunto nell’ultimo Europeo. Davvero troppo poco per una nazionale che vuole definirsi ancora top. Il risultato di un momento storico in cui a vestire la maglia Azzurra ci sono davvero pochi campioni, in un cambio generazionale che l’Italia ha pagato e sta pagando a caro prezzo. I diversi cambi di CT sono serviti a dare momentaneamente una scossa più emotiva che tecnica ma nel contempo hanno certificato una qualità mediocre di una nazionale abituata a lottare per ben altri traguardi. No, la Nazionale oggi non è una selezione top: servono lavoro e risultati per riconquistarsi quello status.
Stefano Silvestri - Qualcuno dirà, magari anche giustamente: siamo arrivati dietro a una Nazionale con due giocatori del Genoa, uno del Torino e uno del Sassuolo. Tutte squadre da parte destra della classifica di Serie A, con tutto il rispetto. E dunque l’Italia è davvero così inferiore a un avversario che ha in rosa Thorsby, Thorstvedt, Pedersen? Evidentemente sì, considerato l’andamento del girone: campo canta, le due sconfitte e le sette pappine tra andata e ritorno ancor più, per non parlare di una classifica in cui praticamente mai, dopo il 3-0 di Oslo a giugno, il primo posto norvegese è stato seriamente in pericolo.
Smettiamola di pensare alle glorie del passato: l’Italia è questa ed è un’Italietta ormai da due decenni. L’eccezione, pur bellissima e indimenticabile, è il trionfo di Wembley del 2021. Ma si è trattato di un’eccezione, appunto. E con tutto quello che è successo dopo, appare già lontanissima nel tempo. La realtà nuda e cruda dice che il mondo si è completamente ribaltato: noi dobbiamo fare i conti con la Nazionale probabilmente meno qualitativa della nostra storia, loro con quella più forte di sempre. E con uno dei centravanti più forti di tutti i tempi: il magnifico Erling Haaland, a segno per due volte pure in una notte in cui i norvegesi inizialmente si erano dimenticati di scendere in campo. Fenomenale.
Noi un Haaland non ce l’abbiamo e forse non ce l’avremo mai. Ma non abbiamo neppure un Odegaard, peraltro assente a San Siro. O un Nusa, talento vero che nel secondo tempo ha fatto la differenza. O un Bobb, futuro del Manchester City. Oppure un Sorloth. Triste, ma è la realtà delle cose. Il resto della rosa di Solbakken non gioca col nome: lo fa con brillantezza e modernità. Ed è così che è stata assemblata una rosa a prima vista strana, squilibrata tra campioni e gregari, ma alla prova dei fatti perfettamente assortita. Quella dell’Italia, invece, è appiattita su una base di “normalità”. Ma evidentemente non basta contro avversari del genere.
Marco Trombetta - Partiamo sempre da questo presupposto, ossia che essendo l'Italia, come storia e blasone, ai Mondiali dovremmo andarci per forza. Vero, può darsi, ma fino a un certo punto.
Pensare che una nazionale che abbia vinto 4 volte la Coppa del Mondo non si qualifichi alla competizione per la terza volta di fila ci sembra francamente assurdo, ma la realtà dei fatti è questa: che probabilmente, questa Italia, ai Mondiali non merita proprio di andarci. Lo dicono i fatti, lo dicono i due spareggi consecutivi persi, lo dicono il secondo posto in classifica nel girone di qualificazione dietro una Norvegia che si è dimostrata nettamente superiore a noi. Senza se e senza ma.
Non parliamo tanto di singoli, ma di attitudine, di mentalità, di concetto di squadra. In certi momenti l'Italia viene schiacciata dal suo stesso nome e tanti giocatori che rendono al top nei propri club, sentono il peso asfissiante di quella maglia, si sciolgono nei momenti topici e non hanno probabilmente la personalità per invertire una tendenza quasi sempre proiettata verso lo psicodramma.
Adesso all'Italia serve mettersi alla pari con la nazionale che affronterà agli spareggi, qualsiasi essa sia. Dobbiamo pensare che siamo l'Italia, sì, ma quella che non si qualifica a un Mondiale dal 2010. Non ci è dovuto nulla e se la mentalità non cambia allora lo ripeto, ai Mondiali non meritiamo di andarci. Sarebbe solo un presenzialismo che ci spetta per la storia passata e non per quella attuale.