L'ex capitano a pochi mesi dall'addio di agosto: "Mancanza di rispetto grave". Su Manenti: "Un pagliaccio". E l'episodio con Cassano: "Sbagliò a tradire un patto nello spogliatoio".
Alessandro Lucarelli per il Parma rappresenta tanto, tantissimo. Dei ducali è stato capitano, bandiera, elemento affezionato che non ha esitato a ripartire dalla Serie D dopo il fallimento. Eppure oggi da Parma è lontano.
Fino ad agosto Lucarelli era il Direttore dell'Area Prestiti del club emiliano, ma le strade si sono separate. Una decisione che l'ex centrale, a qualche mese di distanza, non è ancora riuscito a digerire.
Lucarelli ha così rilasciato una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport, parlando di qualche episodio recente ma anche lontano nel tempo. Come quando arrivò a un passo dal prendere a pugni Antonio Cassano.
"Nel 2015 accettai ventimila euro a stagione, non mi importava. Per il Parma ho sempre ragionato col cuore, più che con il portafoglio. Non c’è più rispetto per figure come le nostre. Forse siamo scomodi? Non lo so. Resta il fatto che dopo 17 anni d’amore la mia storia con il club meritava un finale diverso.
Sono stato mandato via senza avere una spiegazione chiara. L’ho trovata una mancanza di rispetto grave, sia per me come persona che per quello che ho rappresentato per la città di Parma.
Figura troppo ingombrante? Non lo so, so solo che avrei voluto ricevere un trattamento diverso. Dopo 17 anni d’amore penso che la mia storia con questo club meritasse tutt’altro finale. Non solo per il mio ruolo, ma anche per l’ottimo lavoro svolto da dirigente. È una ferita aperta che sanguina ancora".
"Se parlavo con Ghirardi? All’inizio sì, avevamo un rapporto confidenziale. Quando ci esclusero dall’Europa League, conquistata sul campo, mi disse che era solo un errore burocratico e che tutto si sarebbe risolto. Invece fu il Vaso di Pandora, scoperchiò tutto il marcio che c’era sotto. Da lì in poi, mai più visto. È stato il primo a scappare.
Manenti? Un pagliaccio. Fece quella conferenza stampa dal nulla, senza essersi presentato a nessuno. Poi venne in spogliatoio con un foglio bianco con scritto "100 milioni". Dopo due settimane, ci disse che avevano sbagliato Iban a cui mandare i soldi. Io andai in banca e lo chiamai da lì… non sa quante gliene ho dette…".
Poco tempo dopo venne anche arrestato per riciclaggio. Pensi in che mani era finito il Parma".
"Quello di Antonio è un caso a parte. Lui scelse di andare via e questo ci sta, ma sbagliò a tradire un patto fatto nello spogliatoio.
Io avevo proposto alla squadra di aspettare prima di mettere in mora la società. Antonio, invece, fece di testa sua. Alla vigilia di una partita col Cesena andò da un giornale a raccontare tutto. Poi andò sotto la curva a parlare con i tifosi… proprio lui che non aveva mai voluto farlo. Mirante gli urlò "puoi smettere di fare il fenomeno Anto". Io ero squalificato e scesi dalla tribuna di corsa: andai in spogliatoio convinto di prenderlo a pugni. Per sua fortuna ci separò Luca Bucci, allora preparatore dei portieri. Tempo due giorni e rientrò tutto. Noi ci chiarimmo, ma lui scelse ugualmente di rescindere e andare via"
"Oggi è diventato tutto business, non c’è più spazio per i sentimenti e per la riconoscenza. I calciatori ora sono aziende, prima che uomini. Ai nostri tempi era diverso".
"Il mister odiava il viola e le Subaru. Una volta fece un viaggio in pullman girato di spalle per non guardare la marca della macchina davanti a noi. Il presidente, invece, non ti dava mai la mano prima della partita. Diceva portasse male".