“Si cerca di fare la partita trovandola dentro i calciatori che ho a disposizione, e quelli schierati mi sembrano i migliori.”
Musica e parole di Luciano Spalletti a pochi minuti dall’inizio di Cremonese-Juventus, ovvero la partita che ha decretato il vero inizio della sua avventura in bianconero.
Tra i “migliori” da lui messi in campo dal 1’ allo Zini anche Dusan Vlahovic, al quale è stato affidato il compito di portare sulle spalle il peso di un attacco per l’occasione privo della stella Yildiz e completato da Openda.
Una fiducia, quella in lui riposta, che il centravanti serbo ha ricambiato con una prova di spessore. Gli è mancato il goal e ha anche fallito un’occasione abbastanza clamorosa (con annessa reazione rabbiosa dello stesso allenatore in panchina), ma i suoi 85’ di gioco sono stati pieni di tante cose delle quali la Juventus aveva un grande bisogno.
In tanti, soprattutto nel corso dei suoi anni in bianconero, hanno rimproverato a Dusan Vlahovic di essere un attaccante che vive troppo per il goal e che spesso, quando non trova la via della rete, tende a sparire dal match.
Quello visto a Cremona è stato invece un centravanti totalmente al servizio della squadra, che ha duellato con i centrali avversari e ha cercato di trascinare con tutto ciò che aveva a disposizione.
Ha cercato costantemente il dialogo con i compagni, li ha incitati e guidati anche a parole, offrendo una prova così completa da far passare in secondo piano il fatto che gli sia mancato il goal.
È stato anche grazie al suo lavoro che la Juventus ha potuto sviluppare il proprio gioco in fase offensiva.
C’è un’altra cosa che spesso a Vlahovic è stata rimproverata: quella di essere poco efficace quando si tratta di giocare spalle alla porta.
Un attaccante certamente molto forte, tra i migliori della Serie A, ma più portato a ricevere il pallone per cercare la stoccata decisiva piuttosto che a tenere palla per far salire la squadra.
Questione di caratteristiche e di attitudini, ma quello visto a Cremona è stato un Vlahovic nella sua “versione fiorentina”.
A inizio carriera, quando era giovanissimo e si parlava di lui come di un potenziale fenomeno, ha fatto fatica ad imporsi nel calcio dei grandi — dopo essersi viceversa dimostrato dominante a livello di Primavera — proprio perché incapace di difendere il pallone sfruttando quella che doveva essere una delle sue armi migliori: un fisico possente e capace di reggere qualsiasi urto.
Una lacuna sulla quale ha lavorato molto, tanto che la sua vera e definitiva esplosione è arrivata solo quando è riuscito a correggere quel difetto che, per un giocatore del suo calibro, non poteva non essere importante.
Negli ultimi anni quella mancanza è parsa riaffiorare, salvo poi sparire per incanto proprio contro la Cremonese.
Nella partita che ha segnato l’esordio di Spalletti in bianconero, Vlahovic ha giocato forse più spalle che faccia alla porta, e a trarne vantaggio è stata tutta la squadra.
Ha duellato con un centrale forte e “vecchio stampo” come Baschirotto ed è uscito vincitore da quasi ogni battaglia. Le ha date, le ha prese, ma soprattutto ha giocato di sponda, pulito tanti palloni e consentito a chi arrivava a sostegno di inserirsi.
Centravanti sì, ma anche una sorta di regista offensivo: un attaccante pronto al sacrificio che ha messo in campo tanta voglia.
Paradossalmente, anche senza finire sul tabellino dei marcatori, Vlahovic ha proposto una delle sue versioni migliori di questa stagione.
È chiaro che la Juventus non può fare a meno di un centravanti di questo tipo, e anzi, dopo la prestazione di Cremona, non può che esserci tanta attesa nel vederlo interagire in campo con un compagno di squadra dalle qualità enormi come Yildiz.
Vlahovic, nel corso della prima fase della stagione, è stato inghiottito da quello che è stato un autentico vortice di rotazioni in attacco.
Tudor ha per tanto tempo cercato la giusta soluzione offensiva, modificando uomini e posizioni, e la cosa si è tradotta in un’assenza di un vero e proprio titolare inamovibile.
Una cosa che non può sorprendere, visto che Vlahovic rappresenta il recente passato e il presente della Juventus, mentre David è arrivato in estate per essere il presente e il futuro.
Ma in quel “mi sembrano i migliori” pronunciato da Luciano Spalletti prima del suo esordio con la Juve, potrebbe anche essere nascosta la parola fine a un ballottaggio che si è protratto forse troppo a lungo.
David (che contro la Cremonese è entrato solo all'85') è un attaccante forte, nel pieno della maturità calcistica, e che in carriera ha sempre segnato tanto, ma la Juventus è una squadra condannata a vincere e a competere per gli obiettivi più importanti: in attesa che il canadese si adatti completamente a un calcio per lui tutto nuovo e nel quale fin qui non è riuscito a fare la differenza, Vlahovic può rappresentare la certezza.
È oggi difficile immaginare una Juve senza il serbo al centro del suo attacco e, se dovesse riuscire anche nelle prossime partite a offrire prestazioni complete sotto ogni punto di vista, sottrargli una maglia da titolare potrebbe essere estremamente complicato.
Quella che sta vivendo Dusan Vlahovic è ovviamente un'annata particolare.
Ha trascorso un’estate in bilico tra una cessione parsa per diverse settimane certa e una permanenza non troppo desiderata né dalla piazza né dal club.
Al centro di tutto c’è ovviamente una vicenda contrattuale che non ha mai dato realmente l’impressione di essere vicina a un lieto fine.
Al termine di questa stagione andrà in scadenza e la cosa non solo ha imposto alla Juventus la necessità di guardarsi attorno e intervenire, ma ha anche fatto perdere allo stesso Vlahovic posizioni in una gerarchia che in altri tempi sarebbe stata definita con maggiori certezze.
Chissà se l’arrivo di Spalletti potrà spingere tutte le parti in causa a rivedere i propri piani e a cambiare un futuro che da mesi sembra già scritto.
È forse presto per toccare un simile argomento o per pensare a quella che sarebbe una clamorosa permanenza, ma molto dipenderà probabilmente anche da ciò che riuscirà a dare sul campo e da come saprà esprimersi con un allenatore che ha storicamente sempre saputo valorizzare i propri centravanti.