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Botafogo al Mondiale per Club 2025: una nuova favola brasiliana in cerca di gloria eterna

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L'impresa contro il Paris Saint-Germain (vittoria 1-0) non è passata inosservata, ma altro che non è che una nuova pagina di un club glorioso e capace di tutto e il contrario di tutto.

Il Botafogo si presenta al Mondiale per Club FIFA 2025 con un mix unico di storia, passione e redenzione. Inserito nel Girone B insieme a colossi del calibro di Paris Saint-Germain, Atletico Madrid e Seattle Sounders, il club brasiliano arriva alla competizione con la gloria della recente vittoria in Copa Libertadores e una voglia incontenibile di scrivere una nuova pagina leggendaria.

Il fascino di "O Glorioso", la Stella Solitaria, va oltre il semplice calcio: rappresenta il sogno di un popolo che ha saputo rialzarsi dopo una caduta memorabile.

La rinascita di O Glorioso: Botafogo e la redenzione della Copa Libertadores

Il trionfo in Copa Libertadores 2024 rappresenta il punto più alto della storia recente del Botafogo. Dopo una clamorosa caduta nel campionato brasiliano 2023, in cui perse un titolo ormai in tasca, il club ha saputo rinascere come una vera leggenda. La vittoria non ha solo portato un trofeo, ma ha sancito la fine di una lunga maledizione sportiva. Il popolo alvinegro ha ritrovato orgoglio, appartenenza e fede.

"O Glorioso" è tornato, portando con sé il fascino di Garrincha, Nilton Santos e di un calcio che non si arrende mai. L’impresa sudamericana ha acceso i riflettori sul club, che ora vuole stupire anche a livello mondiale e ha già fatto la prima vittima: il Paris Saint-Germain campione d'Europa.

Igor Jesus: il nuovo volto dell’attacco del Botafogo

Tra i protagonisti più attesi c'è Igor Jesus, due gol nelle prime due partite al Mondiale per Club. Attaccante arrivato a inizio 2025 e già diventato fondamentale nello scacchiere offensivo, tanto da guadagnarsi la chiamata in Premier League dal Nottingham Forest, da raggiungere subito dopo il Mondiale per club.

Ex bomber negli Emirati Arabi Uniti, porta con sé fisicità, senso del gol e spirito da combattente. Forte nel gioco aereo e abile nel tenere palla, offre al Botafogo un'alternativa importante in attacco. Il suo stile da classico centravanti d'area si sposa perfettamente con il dinamismo degli esterni e l'approccio offensivo del tecnico Renato Paiva. Il suo contributo può rivelarsi decisivo nella fase a gironi del Mondiale per Club, dove ogni rete potrebbe essere determinante per il passaggio del turno.

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Matheus Martins: talento purissimo con esperienza europea

Un altro gioiello su cui punta il Botafogo è Matheus Martins. Ala moderna e imprevedibile, è tornato in patria dopo esperienze in Europa tra Udinese e Watford. Acquistato definitivamente nel 2024, ha dimostrato subito di essere una risorsa preziosa: veloce, tecnico, capace di saltare l’uomo e di creare superiorità numerica. Gioca prevalentemente a sinistra, accentrandosi per sfruttare il suo destro micidiale.

La sua capacità di incidere nei momenti chiave e la familiarità con il calcio internazionale lo rendono un'arma in più nella corsa del Botafogo verso un sogno iridato.

Renato Paiva: un condottiero dal DNA internazionale

Renato Paiva è il tecnico scelto per guidare il Botafogo nel 2025. Allenatore portoghese con grande esperienza in Sud America, è noto per il suo stile propositivo e orientato al possesso. Dopo successi con l’Independiente del Valle in Ecuador e tappe in Messico e Brasile, è arrivato a Rio de Janeiro con l’obiettivo di dare continuità al progetto sportivo del club.

Paiva crede nella valorizzazione dei giovani e in un calcio tecnico, veloce, costruito dal basso. Il Mondiale per Club rappresenta una vetrina globale per mettere in mostra la sua filosofia di gioco e consolidare la rinascita di uno dei club più affascinanti del Sudamerica.

Botafogo head coach Renato Paiva photobombs the media team's pho

La vittoria in Libertadores 2024: gloria eterna per il popolo bianconero

La conquista della Copa Libertadores 2024 è la vetta più alta mai raggiunta dal Botafogo. Dopo decenni di delusioni, il club ha finalmente alzato il trofeo più prestigioso del calcio sudamericano, con una cavalcata emozionante che ha unito generazioni.

Dalla leggenda di Garrincha al trauma del 2023, fino alla redenzione, questo successo è diventato il simbolo dell’anima del club: resiliente, passionale, imprevedibile. La gloria eterna è stata conquistata non solo sul campo, ma anche nei cuori dei milioni di tifosi che hanno sempre creduto nella Stella Solitaria.

Quali obiettivi per il Botafogo al Mondiale per Club 2025?

Il Botafogo arriva alla competizione come l'outsider per eccellenza. Con un mix di giovani talenti, esperienza internazionale e una motivazione fuori dal comune, punta a superare la fase a gironi e a sfidare i giganti d’Europa ad armi pari. Il gruppo è complicato, ma la forza mentale mostrata nel 2024 lasciava sperare e ha trovato conferme sul campo.

Il club brasiliano vuole dimostrare che la sua presenza al Mondiale non è casuale, ma il frutto di un percorso autentico, fatto di sacrifici, passione e sogni. Ogni partita sarà una battaglia, ogni gol un passo verso un nuovo capitolo di questa straordinaria favola calcistica.

I giocatori che hanno fatto la storia del Botafogo

La maglia è iconica, praticamente inconfondibile da ogni parte del mondo per gli appassionati di calcio. La "Stella Solitaria" del Botafogo è nel cuore di milioni di tifosi, ha compiuto la sua trasformazione con la conquista della prima Copa Libertadores nel 2024 ma è da decenni che regala campioni e storie a questo sport. Alcuni dei mostri sacri del calcio brasiliano hanno avuto l'onore di indossare la maglia bianconera, eccone alcuni.

  • Josimar
  • Nilton Santos
  • Didì
  • Garrincha
  • Jairzinho
  • Mario Zagallo

Josimar

Chi ha vissuto i Mondiali di Messico 1986 lo ricorda dominare la fascia destra con eleganza e leggerezza: passo felpato, corsa fluida, giocate decisive. Josimar fu uno dei protagonisti assoluti di quel Brasile, lasciando il segno con gol pesanti, tra cui una straordinaria prodezza balistica contro l’Irlanda del Nord, entrata di diritto nella storia del torneo.

Ma il suo nome è legato indissolubilmente anche al Botafogo, club in cui brillò per quasi un decennio. Laterale destro di classe pura, incarnava alla perfezione la tradizione tecnica dei migliori esterni brasiliani. Con la Seleção fu titolare anche nella vittoriosa Copa América del 1989. Meno fortunata, invece, la parentesi europea con il Siviglia, breve e senza acuti.

Nilton Santos

Bastano poche parole per spiegare perché Nilton Santos fosse titolare inamovibile: in campo, ricordava il Kaiser Franz in versione laterale sinistro. Dotato di un'intelligenza calcistica fuori dal comune, unita a una tecnica sopraffina, era un difensore che raramente ricorreva al fallo, grazie a un tempismo e un intuito eccezionali.

Con 732 presenze e una carriera interamente vissuta con la maglia del Botafogo, Nilton è stato anche il motore della fascia sinistra del Brasile. Ha vinto la Coppa America nel 1949 e due Mondiali, il primo da protagonista assoluto, il secondo da guida esperta. In molti lo considerano, con pieno merito, uno dei più grandi terzini sinistri della storia, al pari di Paolo Maldini e Roberto Carlos.

Didì

Didì, Vavà, Pelé non è solo una filastrocca. Conosciuto come il Principe Etiope, Didì resta ancora oggi il più grande regista puro che il calcio brasiliano abbia mai conosciuto. Amatissimo a Rio de Janeiro, prima con la maglia del Fluminense e poi con quella del Botafogo, ha saputo conquistare intere generazioni grazie al suo stile di gioco raffinato, intelligente e sempre lucido. Il suo controllo di palla, unito a una visione di gioco simile a quella che anni dopo avrebbe reso celebre Andrea Pirlo, fu la scintilla che accese il genio di Garrincha e l'intero arsenale offensivo del leggendario Botafogo degli anni ’60.

In nazionale, ha fatto ben più che scrivere la storia: ha traghettato il Brasile nella modernità calcistica, partecipando da protagonista a tre Coppe del Mondo e distinguendosi, nel 1958, come il miglior centrocampista del torneo.

Garrincha

L’ala destra per eccellenza. Perché nella storia del calcio brasiliano – e mondiale – Mané Garrincha rappresenta qualcosa di irripetibile: un talento idiosincratico, inspiegabile secondo le logiche del calcio europeo. Forse perché incarna fino in fondo lo spirito del futebol moleque e del malandro, ben più di qualsiasi altro connazionale. Se Pelé riusciva a incanalare il suo genio dentro le maglie dell’efficienza e della razionalità, Garrincha si affidava unicamente all’istinto, con tutte le sue conseguenze, meravigliose o devastanti. E forse è proprio per questo che la cultura europea, spesso allergica all’eccesso e devota alla disciplina, non lo ha mai compreso del tutto.

Ma questo non sminuisce la sua grandezza, anzi. Garrincha ha indossato per dodici anni la maglia del Botafogo, nella sua Rio de Janeiro, diventando prima un fenomeno locale, poi un fuoriclasse planetario. Con il Brasile ha vinto due Mondiali da protagonista, entrando nella leggenda. La sua parabola, come quella dei grandi artisti maledetti, si è chiusa nel dramma, ma il suo mito resta intatto, splendente e disarmante come i suoi dribbling.

Snoop Dog botafogo

Jairzinho

L’unico autentico erede di Mané Garrincha è stato Jair Ventura Filho, per tutti semplicemente Jairzinho. Ala devastante e trequartista completo, ha raccolto il testimone nel Botafogo degli anni ’60 e ’70, diventando la nuova stella dopo l’era di Garrincha. Con la sua potenza in progressione, la capacità di puntare la porta come un centravanti e l’istinto per la giocata risolutiva, si è guadagnato un soprannome che dice tutto: l’Uragano.

Jairzinho ha incantato i tifosi del Botafogo in ben 413 partite, segnando 186 gol e regalando innumerevoli magie, tra dribbling letali, assist e colpi da fuoriclasse assoluto. Il suo Mondiale del 1970 in Messico, chiuso con un gol in ogni partita del torneo, è una delle prestazioni più straordinarie della storia del calcio: un’opera d’arte che, come qualcuno ha detto, meriterebbe davvero di essere esposta al Louvre.

Mario Zagallo

In quella leggendaria Seleção, Zagallo aveva il compito – tutt’altro che semplice – di bilanciare le scorribande geniali e anarchiche di Garrincha. Ala sinistra di grande intelligenza tattica, era probabilmente il giocatore più “europeo” di quella squadra, una sorta di Philipp Lahm proiettato 30 metri più avanti sul campo. Ma Zagallo era molto più di un equilibratore: era un calciatore completo e straordinariamente utile in ogni fase del gioco.

Abile nel dribbling, efficace in zona gol e sorprendente per visione e letture, eccelleva anche in fase difensiva. Pur non essendo fisicamente imponente, riusciva spesso ad arginare avversari ben più prestanti grazie a un senso della posizione fuori dal comune e a una straordinaria disciplina tattica. In lui convivevano il talento tecnico brasiliano e la mentalità collettiva che raramente si ritrovava nei calciatori offensivi dell’epoca.