Arroccato su un fiordo, sopra il Circolo polare artico, c’è un Ahtletic Bilbao in miniatura che sta costruendo il suo castello con mattoncini made in Norway e soldati del posto. Il Bodo Glimt non è una favola e non è neanche il remake di “Miracle on ice”, il miracolo sul ghiaccio della nazionale di hockey statunitense che vinse l’oro all’Olimpiade del 1980. I ragazzi del polo sono una realtà messa in piedi con la programmazione di chi è partito dalla seconda serie e ha scalato montagne con pazienza, coraggio e del sano patriottismo, pronta a sfidare la Juventus sul temibile sintetico dell’Aspmyra Stadion. A -10 gradi.
Il Bodo, che in norvegese vuol dire “scoglio”, “roccia”, negli ultimi anni ha intrapreso una policy di reclutamento simile a quella dell’Athletic, volto a tesserare solo giocatori baschi. Una tradizione che va avanti da cent’anni, aggirata in modo astuto in alcune occasioni: vedi Amorebieta, nato in Venezuela, o il più recente Robert Navarro, cresciuto a Barcellona. Senza contare Iñaki Williams, nato a Bilbao da genitori ghanesi. Havard Sakariassen, il direttore sportivo del Bodo, ha specificato che la filosofia del club è finalizzata a reclutare più norvegesi possibili, da Trondheim in su. A oggi gli stranieri sono sei, tra cui cinque danesi e il portiere russo Nikita Hajkin, nato in Israele. Il resto sono tutti norvegesi, alcuni cresciuti a Bodo: il portiere Brondbo, il terzino Bjorkan, Berg - figlio e nipote di due ex giocatori del Bodo – e Hauge, uscito dal cilindro una notte di settembre a San Siro contro il Milan nel 2020. “Quella gara ha cambiato la nostra mentalità”. Ce l’aveva raccontato Orjan Bjorn Mannsverk, ex pilota di caccia da combattimento diventato mental coach. Orjan Berg, papà di Patrick e responsabile del settore giovanile del Bodo, ha riassunto a modo suo il lavoro di Bjorn: “Ci ha fatto il lavaggio del cervello”. Ed è servito. Gli altri figli dell’aurora boreale, svezzati dal vento sono Saltnes di Bronnoysund, Auklend di Stavanger, Evjen di Narvik, Sjovold e Helmersen di Trondheim, Blomberg e Gundersen di Bergen.
Il Bodo è all’ultima curva di un campionato combattuto dove comanda il nord del Paese. Il Viking di Stavanger è primo con 68 punti, i gialloneri seguono a 67. Seguono il Brann di Bergen e il Tromso, la squadra di calcio più a nord del mondo. Alla guida del Bodo c’è Kjetil Knutsen, seguace del “murderball”, la palla assassina che viaggia ad alta intensità sul sintetico dell’Aspmyra: nel 2025 il club ha perso solo tre partite in casa. L’ultima venti giorni fa contro il Monaco. L’anno scorso ha battuto la Lazio, nel 2021 ha rifilato sei gol alla Roma di Mourinho. Nel corso degli anni, spaziando tra belle vittorie e grandi pareggi, hanno fermato anche Tottenham, Porto, Besiktas, Olympiacos, Celtic e Az.
Tra i giocatori più rappresentativi spiccano il danese Hogh, punta da 17 gol in campionato, il già citato Hauge, i mediani Fet e Saltnes, l'ex Palermo Aleesami - terzino sinistro arrivato nel 2025 - e l’ala ventunenne Daniel Bassi, 2004. Chissà chi sarà la prossima plusvalenza. Negli anni il Bodo ha incassato milioni dalle cessioni: su tutte Hauge al Milan, Berg al Lens (tornato nel 2022), Botheim al Krasnodar, Boniface al St Gilloise, Vetlesen al Bruges, Moumbagna al Marsiglia, Mvuka al Lorient, Solbakken alla Roma, Gronbaek al Rennes (oggi al Genoa). La cessione più remunerativa della storia del club: 15 milioni. La prossima la stanno crescendo in casa.