Quando nello sport italiano vince il Centro-Sud, allora nell’albo d’oro la riga con il nome della società vincente rivela in filigrana non una sola storia, ma tante. Sono storie che partono da lontano, con una rincorsa più lunga che altrove. E poiché storicamente lo sport italiano ha trovato la sua massima espressione più spesso al Nord Italia che al Centro-Sud, queste storie segnano un’anomalia e allo stesso tempo fissano un momento storico destinato a durare. Oggi che la classifica di Serie A ha dato le chiavi dell’attico a Napoli e Roma e nell’attesa di capire se il loro dominio continuerà, abbiamo sfruttato l’occasione per vedere come e quanto il Centro-Sud abbia imposto la sua legge.
Nel calcio il conteggio è rapido. Dei 121 scudetti assegnati, solo 12 sono riferibili a squadre dell’Italia centrista e sudista. Napoli e Roma sono anche le squadre a sventolare la bandiera dell’orgoglio del Centro-Sud. Una volta il loro si chiamava il Derby del Sole e il riflesso felice dello scudetto ha brillato quattro volte a Napoli in tempi relativamente recenti, con i due scudetti dell’era Maradona (1987 e 1990) e le due imprese del club di De Laurentiis, prima con Spalletti (2023) e poi con Conte (2025), a conferma che, chissà, magari questo sarà il preludio di una nuova era. La Roma di scudetti ne ha vinti tre, a distanza di quasi quarant’anni l’uno dall’altro. Il primo risale al 1942, era la Roma del Fornaretto Amadei, il secondo è datato 1983 e riconduce al ricordo di Falcao e di Liedholm, di Bruno Conti e di Di Bartolomei e il terzo, 2001, rappresenta lo zenit della parabola del campione più amato, Totti. Nell’albo d’oro della Serie A, a rappresentare il Centro-Sud, ecco anche i due scudetti della Lazio (quello epico del 1974, l’altro più recente nell’anno del Giubileo, il 2000) e soprattutto quello del Cagliari di Gigi Riva, ancora oggi poster immortale di una generazione che - di quell’impresa - ha avuto soltanto un riverbero orale.
Se consideriamo il Dopoguerra della pallacanestro italiana, ecco che per quasi quarant’anni il titolo se lo sono diviso Milano, Bologna, Varese e Cantù e l’incursione della Virtus sponsorizzata dal BancoRoma nel 1983 - in coincidenza con lo scudetto nel calcio - ha assunto nel tempo contorni leggendari. Era la squadra di Valerio Bianchini e Larry Wright, che conquistò lo storico scudetto contro l’Olimpia di Dam Peterson, in un PalaEur gremito fino all’inverosimile (14.348 paganti, record). La vittoria del BancoRoma, per come si era sviluppata e per la risonanza che ebbe, aiutò tutto il movimento del basket ad allargare l’orizzonte. E l’anno dopo, 1984, per il BancoRoma arrivò la Coppa dei Campioni vinta in finale a Ginevra sul Barcellona: impresa che ai colleghi calciatori invece (battuti dal Liverpool all’Olimpico) non riuscì. A puntellare la storia del successi del Centro-Sud in chiave-basket ecco i titoli della Scavolini Pesaro (1988-1990) e più tardi il dominio assoluto della Mens Sana Siena (6 scudetti tra il 2003 e il 20011) prima del crack.
Ma soprattutto, godere di un posto in prima fila nella storia, c’è lo scudetto di Caserta nel 1991. Contro ogni pronostico, contro tutto e contro tutti, sbucando dal nulla a rovinare la festa (di Milano) già preparata, con una squadra giovane, di ragazzi talentuosi i casertani Nando Gentile e Vincenzino Esposito, con uno strepitoso Sandro Dell’Agnello e con un fenomeno, il brasiliano Oscar Schmidt. Il sogno diventò realtà. E la realtà portò con sé sull’onda dell’entusiasmo un’intera città. Ancora oggi, a distanza di trentacinque anni, nei bar di Caserta il poster di quella squadra vive di emozioni che non si spengono, perché il ricordo non ingiallisce mai quando a vincere è tutto un popolo.
Una storia simile nel suo sviluppo, ma cambiando sport e passando alla pallavolo, è quella di Catania, che nel 1978 vinse il campionato, il primo per la Sicilia in uno sport di squadra. Per i suoi successi catanesi, coach Carmelo Pittera fu assunto come Ct della nazionale italiana e al Mondiale di quell’anno lo zoccolo duro dell’Italia era costituito dai pallavolisti della Paoletti Catania. Episodico, quello scudetto. Perché aprire un’era è difficile. Ci è riuscita la Lube, portando Macerata - con i sette titoli vinti negli anni Duemila - nell’élite della pallavolo italiana.
Passando alla pallanuoto, si deve invece sottolineare il segmento di vittorie della Rari Nantes Napoli (5 scudetti prima e dopo la Seconda Guerra Mondiale, con lo storico il titolo del 1939 che vide protagonisti Gildo Arena, Pasquale Buonocore ed Emilio Bulgarelli, i tre fuoriclasse che poi trascinarono l'Italia alla conquista della leggendaria medaglia d'oro alle olimpiadi di Londra 1948), della Canottieri Napoli (4 scudetti negli anni 70) e del Posillipo, che ad ogni decennio - almeno per un po’ - è riuscito a piazzare il suo marchio: 4 scudetti begli anni 80, 4 nei 90 e 3 all’inizio del Duemila, prima che le vasche d’Italia cambiassero dominio. Ma è la prima volta quella che non si scorda mai: è il 1985 quando la squadra, di quasi tutti napoletani, dell’allora 35enne Paolo De Crescenzo, il Professore, un signore d’altri tempi che diventerà uno degli allenatori più titolati della pallanuoto italiana - va a prendersi il titolo. È il club del presidente Fiore, che aveva un passato calcistico nel Napoli di Altafini e Sivori, con la squadra dei big Mario Fiorillo e Franco Porzio che gioca allo Scandone. Tale e tanto è l’entusiasmo quell’anno che la piscina diventa il centro pulsante della città di Napoli. E agli atti risulta che la tessera numero 1 della campagna abbonamenti - un abbonamento stagionale costava 50.000 lire - fu comprata da Diego Armando Maradona. E proprio El Pibe de Oro sostenne pubblicamente il Posillipo, nella finale tutta napoletana vinta contro la Canottieri.