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Sylla: "Quest'oro più bello di quello di Parigi. Nazionale? Incontrerò Velasco..."

Gazzetta

"Praticamente mi è scoppiato il telefono": il Mondiale di Myriam Sylla non è ancora finito perché è un lavoro anche rispondere a tutti i messaggi che hanno continuato ad arrivare per giorni. Perché è lei, con la sua grinta e un carisma che va oltre i punti realizzati e le giocate spettacolari (mamma mia che difese!), che ha trascinato l’Italia del volley al titolo iridato e milioni di italiani a emozionarsi fino alle lacrime, "mentre io non ne avevo più, stavolta incredibilmente ho pianto solo dopo la semifinale contro il Brasile", vinta al tie-break come la finale contro la Turchia. "Troppe emozioni" confessa a freddo la schiacciatrice, ancora stravolta e travolta dalle tantissime manifestazioni d’affetto. "Non me ne vogliano gli amici se ho risposto dopo giorni o non l’ho fatto. Perché io ho una filosofia: quando vinci, ti devi godere il momento, ma se ti metti a leggere tutti i messaggi il momento se n’è andato".

Ce n’è uno che è invece rimasto nel tuo cuore? 

"Quello del mio fidanzato Alessandro (Cappelletti, play della Trapani Shark neopromossa in Serie A; ndr). Amore! Dopo la semifinale mi ha scritto: adesso puoi fare tutto quello che vuoi. Detto da lui, significa che ha proprio sofferto tanto". 

E invece cosa ti ha detto Velasco, dopo quel "brava" che si è visto in tv al termine della finale e non certo solo per il tuo muro che ha chiuso la partita? 

"Una cosa che voglio tenere per me e che mi rende molto, molto orgogliosa". 

Devi esserlo! In Thailandia sei stata l’anima di questa squadra, la vera leader: una guida per le più giovani, un sostegno per le veterane. 

“Ma voi lo dite perché mi volete bene! Comunque sì, dai, la leadership un po’ la sento: me lo dicono tutti da anni, per come mi comporto”. 

E per come hai giocato, fenomenale in attacco e in difesa. 

“Penso sia dovuto all’esperienza: adesso riesco a leggere bene il gioco. Sono matura… pure troppo, mi stanno venendo i capelli bianchi! Però mi vengono anche le cose in campo, va bene così”. 

Va bene anche non essere stata inserita nel Dream Team del Mondiale, come meritavi?

“Sì, però sono onesta e dico che mi ha sorpreso, principalmente per le ultime due gare, perché prima non avevo fatto granché e le statistiche contano. Però a vedere le bande che hanno premiato, che cosa devi dire? Gabi, ragazzi, è ingiocabile, e pure Ishikawa è stata fenomenale. Sono contenta per loro, soprattutto per Mayu perché a me le giapponesi piacciono molto, hanno fatto una cosa fuori dal normale giocando ai livelli di gente che è il doppio, più alta e più fisicata di loro”. 

Hai comunque portato a casa il premio più importante, l’unico oro che ti mancava. 

“È vero e sono contentissima, lo rincorrevo dal 2018, da quel Mondiale in cui era iniziata per davvero la mia avventura con la Nazionale. Ed è arrivato nel momento giusto. Però devo dire una cosa: io ero sicura che avremmo vinto, volete sapere perché?”. 

Ovvio. 

“Quando siamo arrivati a Phuket per il girone eliminatorio, sono entrata nel palazzetto e ho pensato ai numeri. Dicono che il 3 sia il numero perfetto: io ho vinto la Vnl e l’Olimpiade la terza volta che le ho giocate. Ed ero al mio terzo Mondiale… Mi sono detta: vabbè raga, facile. Tutto torna. Poi ci ho ripensato e mi sono corretta: vabbè dai Myriam, basta sparar cazzate e inizia a fare il riscaldamento! Però, scherzi a parte, serve anche questo, a livello di testa”. 

Cos’altro serve? 

“La fortuna! Io e la Orro avevamo dimenticato a casa il Palo Santo, quei bastoncini che si bruciano per togliere le energie negative, così abbiamo comprato in un baracchino l’incenso millefiori. Alessia mi ha fatto anche dei video in cui facevo tipo la sciamano e depuravo la camera. Non so se ho sbagliato perché poi si è scavigliata, ma abbiamo vinto e lei è stata Mvp, quindi direi che il rituale l’ho fatto bene”. 

Diremmo benissimo: secondo Velasco quest’oro è stato ancora più emozionante di quello olimpico. È così anche per te? 

“Beh, stavamo per far scoppiare le coronarie di mezza Italia, quindi penso proprio di sì! Il fatto è che a Parigi è stato tutto incredibile, inaspettato, inatteso e, in campo, facile. In Thailandia, no: partendo da favorite sapevamo che sarebbe stata più dura, che nessuno ci avrebbe reso le cose semplici. Ma noi siamo riuscite a stare attaccate alle partite con le unghie e con i denti, dimostrando ancora di più il nostro attaccamento alla maglia azzurra, a noi come squadra, al gruppo. È stato bellissimo”. 

Soprattutto per te, dopo un anno col club in cui ti sono sfuggiti tutti i trofei proprio alla fine… 

“Vabbè, se dovevo soffrire prima per godere ora va bene!”. 

Sei riuscita a festeggiare? 

“Ho scelto di passare i giorni che abbiamo avuto di vacanza con gli amici, con chi mi vuole bene, in giro per l’Italia. Con una tappa a casa per rivedere finalmente il mio cane e il mio fidanzato… in quest’ordine di importanza!”. 

A proposito di feste: a gennaio hai compiuto 30 anni, una tappa importante. 

“Ma sembro ancora una venticinquenne! Sono una rosa! Mi preoccupo perché mi chiedo quando si vedranno i segni dell’invecchiamento… Oddio, un po’ nel fisico li sento. Tipo la mattina quando mi alzo: i primi tre passi sono tutti un “ahi, ahi, ahi”. Per il resto è bellissimo, sono felice dei miei 30 anni, che belli. E poi capisco! Nel senso che è come se il cervello si fosse sviluppato: sei più intelligente, capisci le situazioni. E le gestisci: se fossi stata più piccola non avrei retto un Mondiale come questo, al terzo giorno ero a casa”. 

Ha retto il fisico dopo dieci tiratissimi set in due giorni? 

“Devo dire la verità. Prima della finale ho pensato: non so come finisco questa partita. Avevo l’acido lattico ovunque dal giorno precedente. Però sapevo che dove non arriva il fisico ci metto il cuore e il cervello, così ha retto tutta l’impalcatura”.

Hai fatto cifra tonda - 10 anni - anche con la Nazionale: il bilancio? 

“Ottimo perché ho vinto tutto, quasi non mi sembra vero che sono io, ma più in là non ho ancora pensato. Ovvio che uno riflette un po’: sono diventata grande, ci sono delle priorità. E comunque aspetto di incontrare Velasco quest’inverno, sentire anche qual è la sua idea, che consigli mi darà. Lui è un maestro di vita, non sbaglia mai”. 

Con voi le ha azzeccate tutte. 

“Merito a Julio ma anche a questo gruppo, che secondo me è la cosa che ha caratterizzato il Mondiale. Non parlo dei legami, miglior amica, quelle robe lì. Il gruppo è: io sono disposto a mettere da parte il mio orgoglio, il mio io, per collaborare e arrivare a un obiettivo comune. E senza questa cosa qua non vinci”. 

A te cosa ha stupito di più di questa squadra che non finisce mai di stupire? 

“La resilienza. Io quasi non ci credevo. L’avete visto tutti: noi contro il Brasile quella partita l’abbiamo persa almeno tre volte e l’abbiamo vinta una, quando contava, all’ultima palla. Anche con la Turchia: quel set perso a 13 penso non mi sia mai successo, nemmeno quando avevo vent’anni. Ma abbiamo avuto la forza di lasciarlo andare e ripartire, però come volevamo noi”. 

Chi era il tuo riferimento in campo? 

“Moki De Gennaro è sempre un riferimento per chiunque, così come Velasco. Non che la Danesi non possa esserlo in alcuni momenti, ma penso a una Carlotta Cambi che dalla panchina mi dice cosa è meglio fare - e io la faccio, con dedica -, a una Gaia Giovannini che mi si avvicina e dice ‘guarda che stai andando bene’, a una Stella Nervini che nei momenti di difficoltà mi stringe la mano e fa ‘tranquilla Miri’ e tira lei la baracca. Tutte sono state dei riferimenti, quando c’era bisogno”. 

E fuori? 

“Il mio papà era sempre il primo che chiamavo. Mi diceva ‘come sei stata brava’, mi mandava gli stickers, mi chiedeva tante foto. Si accertava che stessi bene e che mi divertissi. E ogni volta: ‘Ma quindi domani contro chi giocate?’. ‘Non giochiamo domani, papi’, sempre la stessa storia. Ormai era la nostra cabala. Ma durava due minuti al massimo, lui non è un chiacchierone. Quindi poi telefonavo ad Ale: era teso quanto me ma cercavamo di sdrammatizzare, siamo entrambi sportivi e sappiamo cosa dirci”. 

Sportivi in movimento: lui è appena andato a Trapani, tu a Istanbul. 

“Due ore e 35 minuti di volo. E comunque eravamo distanti anche prima, lui a Sassari e io a Monza. La nostra vita ce la vivremo più in là”. 

Adesso ti aspetta una nuova vita al Galatasaray.

“Sono molto curiosa, ma positiva. E felice di aver scelto di fare questa esperienza perché mi arricchirà come persona, oltre che come atleta”. 

Cosa farai per conquistare i turchi, dopo aver negato loro il titolo mondiale? 

“Cercherò di giocare come quando li abbiamo battuti, mettendo il meglio di me. Come ho sempre fatto nel nostro campionato: salutare il mio Paese con una vittoria era la miglior cosa che potessi fare”. 

Cosa pensi ti mancherà più dell’Italia

“La pasta al pomodoro! E poi sicuramente rimpiangerò ‘l’italianità’ in sé, l’aria che si respira quando cammini per strada, sarà tutto diverso. Mi dovrò adattare, gli amici non li avrò accanto, non avrò tante agevolazioni, cambierà la lingua, ecco, anche l’italiano mi mancherà. Per fortuna c’è sempre il telefono”. Ma stavolta pochi messaggi, please.