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Napoli, Politano leader silenzioso tra dribbling, corsa e sacrificio

Gazzetta

Matteo Politano pedalando in salita sulla fascia del Napoli ha fatto molta strada passando da gregario a leader. Un’ala in bicicletta che se ne va a zigzag per i campi. I suoi guizzi serpigni come i suoi ripiegamenti sono diventati indispensabili: pur non essendo un quinto come ha precisato Antonio Conte dopo la partita contro il Manchester City di Champions, lavora da quinto. Se perdi il pallone puoi contare su di lui, se sei in area di rigore e aspetti la palla dalla destra, pure. Le virtù di cui vive Politano sono la generosità e la semplicità: poche cose fatte bene in funzione della squadra. Dribbla e strappa e qualche volta segna. E poi ripiega. Soffre: qualche volta perché il pallone non gli obbedisce, qualche altra perché deve obbedire al pallone. È arrivato con Gattuso in panchina, nel tempo ha assunto una costanza nel Napoli, prima di Spalletti poi di Conte e pure in mezzo nella stagione dei tormenti a tre panchine. Scende raramente dalla bicicletta, trascinando la squadra, garantendo il minimo indispensabile con il coltello tra i denti. Politano va da un estremo all’altro del campo con la convinzione dei samurai, tanto che convince anche gli altri, ci crede così tanto in quello che deve fare che è strano che non gli esca il sangue dal naso.

Dargli il pallone non è come metterlo in cassaforte però qualche sicurezza da cassetta di sicurezza la dà, vivendo di pochi comandi elementari non ha l’imbarazzo della scelta. Non ha pensieri complicati, ma certezze calcistiche che ripropone come un numero circense. È poca fantasia spesa bene. Tanta volontà, tantissima obbedienza tattica e un cuore da ciclista, dando l’impressione di andare sempre in salita e col pallone. Trasmette, trasporta, tiene. Una staffetta. E dopo quattro anni segna anche in Nazionale, tra i limiti dell’essere e la resa dei conti pubblica con sé stesso. Corre, scala, sale, scende con cieca obbedienza, divenendo un esempio e poi un leader del Napoli. Un meccanico silenzioso che col tempo è diventato fondamentale e aggregante, consacrandosi nella serata di Champions a Manchester. È nelle difficoltà che i Politano dimostrano la loro ineludibilità, dividendosi per riparare alle mancanze, per coprire gli spazi rimasti scoperti e per provare a salire con la squadra sulle spalle.

Senza esaltarsi, centrato nel ruolo, con la memoria radicata nei limiti calcistici, provando a dribblare anche quelli. Finendo per impartire lezioni di fedeltà calcistica al ruolo e ai comandamenti contiani. La fissità dei suoi pensieri gli consente la riuscita delle finte, due: fa finta di andare a destra, non ci va e poi ci va o fa finta di andare a sinistra, non ci va e poi va. Stando in bicicletta e in salita sono due manovre non facili che, però, gli riescono con costanza. Non ha la scatola nera del gioco, ma spesso la cloche è sua, e l’ha ottenuta sudando, pedalando, soffrendo. Farà piacere una discesa di McTominay o un lancio di De Bruyne, squilibri di bellezza, ma è con uno strappo di Politano che la bellezza diventa anche efficace. Una proiezione di concretezza gregaria che fa salire la squadra rimanendo a un punto dai campioni.

La missione Pisa è cominciata ufficialmente ieri, giorno del primo vero allenamento in vista del posticipo di domani al Maradona. Antonio Conte sembra davvero orientato a cambiare, soprattutto in mediana: Gilmour scalpita e merita una chance, così dovrebbe far rifiatare Lobotka. Ma la novità più importante potrebbe essere la rinuncia a un altro dei Fab4: Anguissa. Il camerunese ha fatto il tour de force dopo gli impegni con la nazionale, giocando sia a Firenze sia in Champions. E allora domani potrebbe toccare a Elmas, completare la linea di centrocampo.